Saturnia pavoniella
di Paolo Mazzei
Saturnia pavoniella, descritta da Giovanni Antonio Scopoli nel 1763 come Phalaena pavoniella, appartiene alla famiglia dei Saturniidae ed è stata separata da Saturnia pavonia (Linnaeus, 1758) nel 2003 da Huemer & Nässig, in base soprattutto a esperimenti di ibridazione che hanno generato prole parzialmente sterile. Sembra in realtà che la situazione sia ancora più complessa: nel sud della Spagna è stata ulteriormente separata Saturnia josephinae (Schawerda, 1924), ed è probabile che verranno riconosciute altre specie, soprattutto nella penisola Iberica, nel sud della Francia e nell’Italia peninsulare, dove alcuni autori utilizzano già i taxa ligurica Weismann, 1876 e meridionalis Calberla, 1887.
Noi, per ora e in attesa di ulteriori novità e conferme, continueremo a riferirci alle popolazioni di “pavonia minore” a sud delle Alpi come Saturnia pavoniella: è una specie univoltina, con sfarfallamenti assai precoci, di norma tra marzo e aprile ma già alla fine di febbraio nelle località più calde e fino a maggio alle quote più elevate.
Le larve di questa specie si nutrono di una grande varietà di specie arbustive e arboree e di qualche pianta erbacea: il sito web “Saturniidae of the Western Palaearctic” di Tony Pittaway, nella pagina relativa a questa specie, riporta i seguenti generi botanici: Rubus, Prunus, Crataegus, Quercus, Carpinus, Betula, Salix, Erica, Vaccinium, Spiraea, Filipendula, Lythrum, Potentilla, Rosa, Calluna, Hippophae, Robinia. Nell’Italia centrale le larve si trovano soprattutto, e molto frequentemente, sul rovo (Rubus fruticosus e Rubus ulmifolius), prugnolo (Prunus spinosa), biancospino (Crataegus monogyna).
La femmina depone le uova poco dopo la schiusa: i maschi vengono attratti da grandi distanze dai feromoni rilasciati dalla femmina e captati dalle antenne del maschio, particolarmente sviluppate (foto precedente), e l’accoppiamento avviene spesso poco dopo la fuoruscita dal bozzolo, appena distese la ali. Le femmine di Saturnia pavoniella, a differenza di quelle di Saturnia pavonia, possono accoppiarsi anche più di una volta e con maschi diversi.
La femmina della foto successiva era stata attratta dalle nostre lampade al mercurio, durante un campionamento di eteroceri notturni nell’Oasi di Castel di Guido, l’11 marzo 2021: arrivata alla base del telo, aveva deposto un primo gruppetto di uova sul bordo del telo, per poi riprendere il volo e posarsi su un rovo poco distante, dove aveva deposto il secondo gruppo di uova che appare in foto. Le uova appena deposte, incollate ad una ad una dalla femmina sui rametti delle piante nutrici in gruppi di diverse decine, hanno una tonalità verde oliva, che vira al nocciola nei giorni successivi.
In cattività, con temperature superiori ai venti gradi, le larvette di prima età lasciano l’uovo dieci giorni dopo la deposizione: quelle della foto sono schiuse il 21 marzo 2021; in natura, alle temperature esterne di marzo, lo sviluppo richiede di norma un tempo doppio o anche più lungo, a seconda delle condizioni climatiche.
Ogni larva, per forare l’involucro dell’uovo, lo rosicchia con le mandibole dal lato opposto al punto di ancoraggio al supporto, fino ad aprire un foro che le consenta l’uscita.
Le larve di prima età, appena uscite dall’uovo, sono nere, con le false zampe e i tubercoli alla base dei peli più chiari, di una tonalità giallastra, che scurisce con la crescita.
Fino alla prima muta, che anticipa la seconda età, il colore delle larve rimarrà interamente nero, spesso con dei riflessi bluastri.
Le larve di prima età tendono a essere gregarie e a rimanere insieme sulle stesse foglie, alternando periodi di nutrizione a periodi di riposo, sia di giorno che di notte.
All’approssimarsi della prima muta compare, nelle due zone latero-ventrali sia a destra che a sinistra, qualche zona rossastra, come si può vedere nella terza foto di questo gruppo, in corrispondenza delle false zampe ventrali.
La seconda età è caratterizzata dalla presenza di due bande longitudinali latero-ventrali, rosa-rossastre, presenti già subito dopo la muta, come nella prima foto in cui si vede in primo piano la spoglia della prima età, bande che partono all’altezza del secondo paio di zampe toraciche e finiscono subito prima dell’utlimo paio addominale di false zampe (clasper anale).
Questa livrea larvale è tipica delle larve mature di un’altra specie, ben lontana da questa, con la quale le larve vengono scambiate assai spesso: Eilema lurideola
Le larve di seconda età non sono più gregarie e si disperdono tra le foglie delle piante alimentari. Quando si avvicina la seconda muta, il colore delle bande chiare si schiarisce ulteriormente, presentando delle zone giallastre tra un segmento e l’altro, come nella terza foto del successivo gruppo di tre.
La colorazione cambia radicalmente alla terza età: il colore di fondo diventa di un bel verde chiaro acceso, assai criptico tra la vegetazione primaverile; dorsalmente compare una banda nerastra, continua o interrotta ad ogni segmento, i tubercoli laterali e dorsali alla base dei peli diventano gialli e la capsula cefalica verdastra, come la base delle false zampe.
Tale colorazione è comunque molto variabile sia nell’ambito della stessa popolazione sia tra popolazioni diverse: in particolare la colorazione dorsale nerastra può sostituire quasi completamente le zone verdi dorsali e spesso anche laterali, come si può vedere nelle foto che compaiono nella pagina di lepiforum.org dedicata a questa specie (stadi immaturi).
Alla quarta e ultima età la colorazione verde diventa sempre più predominante, tanto che alcune larve non hanno più zone nerastre, se non, a volte, intorno ai tubercoli gialli o lungo il dorso.
A questo stadio le larve sono estremamente voraci e mangiano una quantità di foglie davvero importante, come sa bene chiunque abbia allevato in cattività questa specie.
Arrivato il momento di impuparsi, la larva cerca un posto riparato sulla pianta, spesso vicino a qualche biforcazione dei rami, e comincia a filare un bozzolo rado chiaro, all’interno del quale la larva è ancora visibile mentre il lavoro progredisce (prima foto).
All’interno di questo primo bozzolo esterno la larva comincia a tessere un secondo bozzolo, a trama molto più fitta e di colore più scuro, a forma di pera con l’estremità più sottile rivolta verso l’alto, rimanendo al suo interno. Tale struttura piriforme si intravede nella seconda foto ed è ben più visibile nella terza, illuminata in controluce. Il bozzolo interno, alla fine del lavoro, è completamente chiuso e stagno, salvo l’imboccatura superiore, che sarà la via di uscita della farfalla, parzialmente chiusa da una sorta di doppia “palizzata” di seta indurita, che consente l’uscita ma non l’ingresso dall’esterno.
Tagliando dopo qualche mese, con molta cautela ed attenzione, il bozzolo, usando una forbice sottile ed appuntita, si evidenzia la sua superficie interna e appare la pupa, oltre alle spoglie della larva matura, che ho estratto da ciascuno dei due bozzoli (a sinistra nella prima foto una femmina, più grande, a destra un maschio). La testa delle pupe rimane rivolta verso l’imboccatura in alto, così da facilitare l’uscita dell’adulto al momento della schiusa.
Il bozzolo aperto consente di apprezzare meglio la “porta” di uscita: all’esterno si vedono dei segmenti più lunghi e grossolani, convergenti in alto a chiudere l’accesso, all’interno una struttura conica più stretta e più fitta ma non stagna, nonostante il bozzolo sia praticamente impermeabile alla pioggia.
Oltre alle dimensioni, i due sessi si riconoscono facilmente dagli astucci antennali: il maschio (a sinistra) li ha ben più evidenti, tanto che la larghezza di ognuna delle due “antenne” (tratto verde) è maggiore dello spazio tra le due antenne (tratto rosso), mentre nella femmina (a destra) lo spazio tra le antenne è più largo dello spessore di ciascuna delle due.
Per finire, qualche foto di adulto: il colore di fondo delle femmine può variare dal grigio al rosa, mentre nei maschi può variare lo sfondo delle posteriori nei vari toni dell’arancio e in particolare il margine, dall’arancione chiaro al rosa scuro.
Entrambi i sessi hanno l’apparato boccale rudimentale e non si nutrono: i maschi, a volo diurno e non fototropici, cercano le femmine per accoppiarsi; le femmine si accoppiano di giorno e la notte depongono le uova, e sono, al contrario dei maschi, attratte dalla luce artificiale.