Carcharodus alceae
di Tiziana Dinolfo e Paolo Mazzei
Carcharodus alceae, descritto da Eugenius Johann Christoph Esper nel 1780 nel genere Papilio, è distribuita nell’Europa centrale e meridionale fino all’Asia centrale, al nord dell’India, all’Iran e alla Penisola Arabica.
Appartiene alla famiglia delle Hesperiidae, spesso considerata in una superfamiglia – Hesperioidea – distinta da quella a cui appartengono tutte le altre famiglie di ropaloceri europei – Papilionoidea -, e alla sottofamiglia della Pyrginae.
In Italia ha più generazioni continue, di solito tre ma anche più, tra inizio aprile e ottobre.
Lo stadio svernante è la larva matura, che passa l’inverno alla base delle sue piante alimentari, protetta in una struttura robusta fatta da lei stessa filando insieme delle foglie secche.
Le sue piante alimentari appartengono alla famgilia delle Malvaceae, e in particolare ai generi Malva e Althaea, entrambi con diverse specie spontanee in Europa.
Depone anche su altre malvacee importate e coltivate come ornamentali, come la malvarosa (Alcea rosea), e colonizza frequentemente, soprattutto nell’Europa meridionale, anche i giardini in ambienti urbani e i bordi di strada, molto ricchi in malvacee.
Abutilon theophrasti è una malvacea importata di origina asiatica infestante in nord America e nell’Europa meridionale e sud-orientale.
In Italia è diffusa ovunque al di sotto dei 300 m di quota, in particolare nelle culture a ciclo primaverile-estivo. Anche questa specie viene frequentemente utilizzata come pianta alimentare da Carcharodus alceae.
La femmina depone le uova ad una ad una sulle foglie delle piante alimentari, di solito sulla pagina superiore.
Qui è ripresa in deposizione su Abutilon theophrasti.
Le uova hanno una scultura superficiale molto caratteristica, formata non da costole disposte come meridiani, come la maggior parte delle altre Pyrginae, ma da piccole protuberanze dall’estremità arrotondata, sparse su tutta la superficie dell’uovo.
La larva di prima età, assai tozza e con una capsula cefalica grande rispetto al corpo, come la maggior parte delle Hesperiidae, si costruisce un riparo, che la nasconde dai predatori, ripiegando il lembo di una foglia della sua pianta alimentare e fissandolo con la sua seta. La sua attività alterna pause all’interno del suo rifugio e alimentazione all’esterno, spesso durante la notte.
Nelle successive età larvali le dimensioni ovviamente aumentano ma la livrea cambia poco: la larva ha una tonalità da giallastra a grigiastra, con una puntinatura bianca molto fine, con il corpo coperto di setole corte e la capsula cefalica lucida e nera. Qui di seguito due larve alla seconda età.
Terza età larvale, poco prima della muta che porterà la larva alla quarta età:
Alla quarta età compare, dietro la testa, un collarino giallo e nero caratteristico di questa specie. Come in tutte le età precedenti, e come avverrà anche nella quinta e ultima età, la larva continua a costruirsi il suo riparo, all’interno di una foglia ripiegata, che cresce di dimensioni con la larva.
Per fare tutte queste foto il rifugio è stato aperto con molta delicatezza, ma la larva lo richiude in poco tempo per continuare ad assicurarsi la sua protezione.
Alla quinta e ultima età la larva raggiunge le sue dimensioni massime, di circa 23/25 mm, e il collarino giallo e nero diventa ancora più vistoso.
Rifugio larvale, costituito da un lembo fogliare ripiegato e fissato con la seta prodotta dalla larva, all’interno del quale la larva trova riparo.
Anche la pupa si forma dentro al rifugio larvale: la larva ne tappezza l’interno con uno strato ulteriore di seta, alla quale la pupa si fisserà con i gancetti del suo cremastere alla fine dell’addome. La pupa è marrone scuro ed è ricoperta da una patina pruinosa.
Di seguito qualche foto di adulti, per mostrare sia la forma della testa e delle antenne che il pattern di entrambe le pagine delle ali.
La foto che segue, scattata la mattina presto da David Rossi a Follonica (Grosseto) il 19 marzo 2007, mostra una posa caratteristica e assai criptica che assume questa specie, soprattutto in condizioni di scarsa illuminazione e con temperature basse.