Macrothylacia rubi
di Paolo Mazzei
La protagonista della 57esima uscita della nostra rubrica appartiene alla famiglia dei Lasiocampidae ed è Macrothylacia rubi (Linnaeus, 1758), descritta originariamente da Linneo come Phalaena rubi.
E una volta tanto il nome non è del tutto campato per aria, come invece succede in molte altre specie di farfalle – le larve di Thecla betulae (Linnaeus, 1758) stanno solo sui Prunus e mai sulle betulle, quelle di Catocala fraxini (Linnaeus, 1758) amano i pioppi e disdegnano i frassini, e potrei continuare a lungo -, ma i bruchi della nostra specie, pur nutrendosi spesso anche sui rovi (Rubus), non sono assolutamente monofaghe ma riescono a cibarsi delle foglie di un buon numero di piante diverse, come vedremo tra poco.
Macrothylacia rubi è diffusa nella maggior parte dell’Europa, esclusa tutta la porzione centro-meridionale della Penisola Iberica, dove è sostituita da Macrothylacia digramma Meade-Waldo, 1905, ed escluso anche l’estremo nord della Scandinavia e la Grecia. È presente anche in Turchia e si spinge, attraverso la Russia, fino all’Asia centrale e alla Siberia.
In Italia è diffusa e comune in tutta l’Italia settentrionale e centrale fino al Molise e al Lazio inclusi, e diventa decisamente più scarsa nel meridione, dove le osservazioni sono molto meno numerose e riguardano poche località della Basilicata, Calabria e Sicilia, mentre sembra assente in Sardegna.
Frequenta ambienti diversi con substrato non troppo ricco di nutrienti come praterie aperte, argini, grandi radure, pietraie erbose, terreni incolti e margini di boschi, dal livello del mare fino a oltre 1500 metri.
Ha una sola generazione all’anno, con gli adulti che compaiono a maggio alle quote più basse e fino a fine giugno in montagna.
Le femmine, più grandi e con le antenne filiformi, volano di notte e sono attratte dalla luce artificiale, mentre i maschi lo sono molto meno, e volano spesso di giorno, nella seconda parte della giornata e fino al crepuscolo, in cerca delle femmine.
È una specie polifaga, che preferisce rimanere al suolo e nutrirsi di piante basse, o delle foglie più basse di arbusti. Tra le piante prescelte dalle larve ricordiamo rovi e lamponi (genere Rubus), rose, prugnoli, salici arbustivi, Calluna, mirtilli, fragole, diverse fabacee come trifoglio, Vicia ed erba medica, potentille, euforbie, Geranium e anche Poacee.
Uovo
La polifagia delle larve consente alle femmine di non essere troppo selettive su dove e come deporre le uova, che vengono lasciate in gruppi di qualche decina fino a superare spesso le cento, e praticamente ovunque: sia sulle piante, sul verde e sul secco, sia su rocce, cortecce o qualsiasi tipo di substrato non necessariamente naturale.
Capita spesso infatti di trovare gruppi di uova sui muri in prossimità di lampade accese tutta la notte, come il gruppetto deposto sulla parete rosellina esterna di una casa (terza foto seguente) e, nelle serate di maggio e giugno in cui si accendono le lampade con emissione nell’ultravioletto per campionare i lepidotteri ad attività notturna davanti ad un telo bianco, non è raro che le femmine si fermino sul telo e ci incollino gruppetti numerosi di uova: tanto i bruchi neonati non hanno di sicuro bisogno di fare troppa strada per trovare qualche piantina di loro gusto, accontentandosi al limite anche di qualche filo d’erba.
Le uova sono lucide, leggermente allungate e lisce, a forma di barilotto arrotondato, di colore nocciola chiaro, con due macchie laterali sfumate di un nocciola appena un po’ più scuro e contornate da una fascia biancastra, e con il polo più lontano dal substrato più chiaro e dotato di una macchietta scura evidente. Sono assai resistenti anche al calpestio dei grandi erbivori, e non cambiano colore durante lo sviluppo dell’embrione.
Larva L1
Le larve schiudono di norma verso la fine di giugno: sono di un bel nero vellutato con lunghe setole biancastre e gli spazi tra i segmenti giallo limone, giallo che è più evidente nei due spazi che separano i tre segmenti toracici. L’accrescimento delle larve è molto lento, e la colorazione cambierà poco nelle prime quattro età.
Larva L2
Dopo la prima muta, le setole chiare si accorciano in rapporto alle dimensioni del corpo, e gli anelli intersegmentali passano dal giallo ad un arancione/giallastro vivace.
Larva L3
Quasi niente di nuovo nel passaggio da L2 a L3: setole un po’ più corte e dimensioni maggiori, per il resto l’aspetto delle larve alla terza età è praticamente lo stesso dell’età precedente.
Larva L4
Alla quarta e penultima età invece qualcosa cambia: gli anelli arancioni cominciano a scurirsi e a diventare meno appariscenti, e dorsalmente compaiono un gran numero di corte e morbide setole marroni, contrastanti col nero dei lati del corpo e concentrate in una larga fascia che occupa tutto il dorso.
Siamo già alla fine dell’estate, fino a questo punto le larve sono rimaste sempre nascoste e ben poco visibili, a terra o sui rami bassi dei cespugli tra le foglie, alimentandosi solo di notte.
Larva L5
Tra settembre e ottobre le larve fanno l’ultima muta e passano alla quinta e ultima età: gli anelli arancioni tra i segmenti sono completamente spariti, la colorazione dorsale è fulva, con una riga scura dorsale stretta, mentre i lati rimangono neri ma si coprono di corte e fitte setole biancastre.
Le larve, ormai decisamente grandi, anche oltre gli otto centimetri, continuano ad alimentarsi a terra e diventano sempre più mobili, ed è in questo periodo infatti che è più facile incontrarle anche di giorno, e anche trovarle purtroppo schiacciate dalle auto sull’asfalto. All’avvicinarsi dell’inverno lo sviluppo è finito e si alimentano sempre di meno, e passeggiano sempre di più, arrotolandosi in un anello stretto se disturbate, tanto da meritarsi, in Francia, il nome di Anneaux du diable (anelli del diavolo), questo è un video a loro dedicate.
Il fine delle passeggiate tardo autunnali è cercarsi un luogo riparato, in fessure del terreno, sotto pietre o cortecce, dove passare l’inverno, restando immobili nel loro nascondiglio protettivo fino alla fine di marzo o all’inizio di aprile, quando le larve escono e passano un breve periodo, senza più alimentarsi e facendo qualche bagno di sole, per poi trasformarsi finalmente in pupa.
Pupa
Per impuparsi le larve matura all’inizio della primavera cercano un nuovo ricovero protetto e filano un bozzolo di seta bruna che incorpora gran parte delle setole che ricoprivano le larve. La pupa delle foto seguenti è ottenuta in cattività ed estratta dal bozzolo per poterla riprendere: è molto scura, nera opaca sugli astucci alari e in gran parte del corpo, tranne gli spazi tra i segmenti addominali che sono fulvi tendenti all’arancione.
Schiuderà tra maggio e giugno, quando sfarfallano gli adulti nella prima e unica generazione di ogni anno.
Adulto
Il dimorfismo sessuale è evidente: il colore delle ali e del corpo tende al marrone rossiccio nei maschi, mentre le femmine sono di un nocciola più pallido, a volte tendente al grigio, e con l’addome particolarmente voluminoso.
Ma il carattere differenziale più sicuro tra i due sessi sono le antenne: vistosamente bipettinate nei maschi, quasi filiformi nelle femmine. L’apparato boccale dei due sessi è atrofico e non funzionale, e gli adulti quindi non si nutrono: si accoppiano soltanto, la femmina depone le uova, e il ciclo può ricominciare.
Links
Qualche sito in rete con informazioni e foto su questa specie:
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- L’anneau du diable : la chenille du bombyx de la ronce (Gérard Guillot)
- Lepiforum e.V.
- Les Carnets du Lépidoptériste Français (Philippe Mothiron & Claire Hoddé)
- Lepidoptera and their ecology (Wolfgang Wagner)
- Les Pages Entomologiques d’André Lequet
- Butterfly Conservation (Tamás Nestor)
- UKmoths (Ian Kimber)