Una scoperta per la scienza, un tributo alla memoria: Diplodoma giulioregenii

di Sara La Cava

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Nel corso del mio dottorato di ricerca, che si concentra sullo studio della biodiversità dei microlepidotteri del Sud Italia, ho avuto l’opportunità di studiare diversi esemplari conservati nella collezione lepidotterologica del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA), Centro di ricerca Foreste e Legno, presso la sede di Rende in Calabria. Tra questi, abbiamo analizzato degli esemplari che successivamente sono stati descritti come Diplodoma giulioregenii La Cava & Scalercio. 

Nel nostro centro, stiamo svolgendo uno screening genetico della collezione lepidotterologica utilizzando il DNA mitocondriale. Lo facciamo per avere un database di sequenze genetiche di riferimento e per confrontare gli esemplari raccolti nel Sud Italia con quelli del resto del mondo, nonché per verificare che siano specie già note, mai barcodate o nuove per la scienza. 

Anche i tre esemplari di Diplodoma giulioregenii sono stati sottoposti a DNA barcoding. Con questa tecnica, viene sequenziato un frammento del gene citocromo ossidasi subunità 1 (COI), che è uno dei marker genetici più utilizzati per il DNA barcoding, molto utile in quanto presenta un livello di variabilità sufficiente a distinguere specie diverse, ma sufficientemente conservato da consentire il confronto tra individui affini.

Una volta ottenute le sequenze, abbiamo scoperto che queste erano geneticamente vicine a quella di un’altra specie del genere Diplodoma, già nota in Europa. Tuttavia, la distanza genetica tra queste due entità tassonomiche era troppo elevata per considerarle appartenenti alla stessa specie. Questo è stato il primo indizio concreto che ci ha portato a sospettare di trovarci di fronte a una specie nuova per la scienza.

A supporto di questa ipotesi, abbiamo condotto un’analisi morfologica dettagliata, concentrandoci in particolare sulle strutture genitali, che nei lepidotteri spesso rappresentano uno dei principali caratteri diagnostici per la distinzione tra specie affini. Anche in questo caso, le differenze erano evidenti: la morfologia degli organi genitali maschili presentava caratteristiche distintive rispetto a tutte le altre specie conosciute del genere Diplodoma. L’integrazione di queste due evidenze, genetiche e morfologiche, ci ha permesso di concludere che si trattava di una nuova specie per la scienza, che abbiamo successivamente descritto in modo dettagliato dal punto di vista morfologico e genetico. 

Da un punto di vista ecologico, le conoscenze sono ancora limitate: al momento sappiamo che questi esemplari abitano boschi umidi, poiché due sono stati rinvenuti in un bosco misto di pino e faggio all’interno del Parco Nazionale della Sila, mentre il terzo in un castagneto della Catena Costiera Paolana.

Anche la biologia di Diplodoma giulioregenii è ancora sconosciuta, ma supponiamo che, come le sue congeneri, la larva si nutra di muschi, licheni e materiale vegetale in decomposizione, ad esempio foglie appassite. 

Abbiamo deciso di chiamare questa nuova specie Diplodoma giulioregenii, e di dedicarla quindi a Giulio Regeni, perché il nostro gruppo di ricerca è formato principalmente da dottorandi più o meno della stessa età di Giulio quando è stato ucciso, e per questo ci siamo sentiti particolarmente vicini alla sua storia. Giulio Regeni era un giovane ricercatore che ha tragicamente perso la vita mentre svolgeva il suo lavoro in Egitto. Dedicargli il nome di una nuova specie ci è sembrato un modo significativo per esprimere solidarietà da parte del mondo della ricerca alla sua famiglia: un gesto simbolico, ma in grado di mantenere viva la sua memoria per sempre. Crediamo inoltre che questo atto possa contribuire a mantenere alta l’attenzione sulla necessità di giungere alla verità e alla giustizia per il caso di Giulio Regeni.

L’identificazione di Diplodoma giulioregenii è stata possibile grazie a un approccio integrato che ha combinato analisi genetiche e morfologiche. La scoperta di questa nuova specie sottolinea l’importanza di continuare a esplorare la biodiversità dei nostri ecosistemi, specialmente in aree ricche ma ancora poco studiate come le foreste del Sud Italia. Allo stesso tempo, la dedica a Giulio Regeni rappresenta un piccolo ma significativo tributo a un giovane ricercatore e un richiamo a non dimenticare la sua storia.

Sara La Cava

Vista dorsale della testa

Vista frontale dei palpi

Vista dei palpi dal lato sinistro