Agrius convolvuli
di Paolo Mazzei
La specie protagonista del 54esimo numero di questa rubrica è Agrius convolvuli (Linnaeus, 1758), la sfinge del convolvolo, una delle più grandi rappresentanti della famiglia Sphingidae in Europa, descritta in origine nel genere Sphinx Linnaeus, 1758.
È diffusa ovunque nel mondo (Europa, Asia, Africa e Oceania) tranne che in tutto il continente americano. In Asia non è presente in larga parte della Siberia centrale e orientale, in Europa manca nel nord della Scandinavia, ma arriva pressoché ovunque nel Paleartico come migratrice occasionale estiva.
È presente in tutta Italia, isole comprese, ma è stanziale solo al centro sud, dove le pupe riescono spesso a sopravvivere all’inverno. Ha due generazioni, la prima in maggio/giugno, composta soprattutto da individui migranti di provenienza africana, spesso più piccoli, e la seconda, più abbondante, in agosto/settembre.
Nelle annate con estate e autunno particolarmente caldi ci può essere una parziale terza generazione tra ottobre e novembre, che difficilmente arriva a riprodursi.
Frequenta ambienti di ogni tipo ma la si incontra più frequentemente a bassa quota sulle coste, ma non è raro osservarla in montagna fino a 2000 metri.
Come inquadramento sistematico sovraspecifico appartiene alla sottofamiglia Sphinginae, tribù Sphingini e sottotribù Acherontiina, come la sfinge testa di morto, Acherontia atropos (Linnaeus, 1758), che abbiamo già trattato in un articolo precedente.
Piante alimentari larvali
Le piante alimentari larvali principali della sfinge del convolvolo appartengono tutte alla famiglia Convolvulaceae, in particolare, ma non solo, ai generi Convolvulus, Calystegia e Ipomoea. Pittaway riporta, come piante secondarie, i generi Phaseolus, Chrysanthemum, Helianthus, Polygonum, Rumex, Orthosiphon e Zygophyllum; personalmente non ho mai osservato larve su piante che non fossero delle Convolvulaceae, e qualche tentativo di alimentarle con Rumex alle prime età è miseramente fallito.
Uovo
L’uovo è molto piccolo rispetto alla dimensioni dell’adulto (1.30 x 1.15 mm), subsferico, lucido e di colore azzurrino appena deposto.
La maggior parte delle uova vengono deposte singolarmente, sia sulla pagina superiore che su quella inferiore delle foglie, ma anche sui rametti e sui piccioli delle foglie delle piante alimentari.
In cattività le femmine depongono anche gruppetti di uova sulle piante, cosa che di norma non si verifica in natura.
Le due foto che seguono sono state fatte poche ore prima della schiusa: l’aspetto è più lattiginoso e il colore è appena più verdino, e si intravede la larva in trasparenza. La concavità sull’uovo, che appare poco prima della schiusa, è molto frequente e non è assolutamente sintomo di sterilità dell’uovo.
Larva L1
Se la temperatura ambiente è alta la schiusa avviene anche in quattro o cinque giorni, e la larvetta appena nata, dopo essersi cibata del corion dell’uovo, rivela immediatamente la sua essenza di sfinge: il cornetto terminale, tra marrone molto scuro e nero, è dritto e lungo circa un terzo del corpo, e la larva si tiene sulla foglia con le due ultime coppie di pseudo-zampe, mentre tutta la parte anteriore del corpo è mantenuta eretta.
A parte il cornetto, la larvetta è verde chiara, senza nessun disegno a parte una fittissima puntinatura regolare che diventa un po’ più evidente dopo che si è cibata della foglia e il suo colore è passato progressivamente ad un verde un po’ più scuro.
La prima età è breve, quattro o cinque giorni, passati i quali troviamo la larva già in muta e pronta per la seconda età.
Larva L2
Alla seconda età il cornetto non è più uniformemente scuro ma assume una colorazione più chiara, con tonalità viola e marroncine e dei toni rossastri alla base.
La puntinatura del corpo si è trasformata: ogni puntino è diventato una piccola escrescenza più chiara, che conferisce alla larva un aspetto rugoso, e dorsalmente si è formata una striscia verde scura, contrastante con il verdino chiaro del resto del corpo.
L’ultima delle quattro foto mostra la larva in muta, verso la successiva terza età.
Larva L3
La terza età porta con sé due novità: la prima sono dei motivi laterali inclinati su ciascun segmento del corpo, formati da due linee, una bianca e una verde un po’ più scura accostate, che salgono muovendosi verso la parte posteriore del corpo: praticamente indistinte appena fatta la muta, diventano sempre più nette via via che il bruco cresce durante la terza età.
L’altra novità è un deciso polimorfismo cromatico che si osserva anche tra larve discendenti dalla stessa madre: le larve L3 possono essere verdi, verdi/azzurre o avere motivi decisamente più scuri, come è evidente nelle prossime tre foto.
Anche il cornetto può essere verde/azzurro o viola/giallino nelle larve verdi, o ridiventare completamente nero come alla prima età, a volte con dei piccoli tratti più chiari, nelle larve con disegni scuri. E la capsula cefalica, completamente verde nelle larve verdi/azzurre, di solito è nera nelle larve con disegni scuri, mentre le tre coppie di zampe toraciche, che in queste foto si intravedono, sono marroni-rossastre indipendentemente dal colore della larva.
Le due larve in muta delle prossime due foto ci preannunciano un altro cambiamento che vedremo dopo la muta: la capsula cefalica L4 nuova, che si intravede “sotto-pelle” subito dietro quella più piccola e rotondeggiante della terza età, fin qui assai uniforme quanto a colori, dopo la muta presenterà due coppie verticali di bande di diverso colore.
Larva L4
La variabilità cromatica delle larve L4 è ancora più notevole rispetto alle L3, l’unico colore costante è l’arancione vivo degli stigmi respiratori posti sui due lati del primo segmento toracico e dei primi otto segmenti addominali: alle età precedenti tali stigmi c’erano già, ma molto meno evidenti.
Si passa infatti dalle forme completamente verdi (prime tre foto), con la capsula cefalica che mostra due tratti verticali giallastri bordati di verde scuro evidenti nella seconda foto…
… alle “fifty shades of brown”, beh non proprio cinquanta, qui ne rappresentiamo solo tre ma ce ne sono moltissime, in cui i disegni bruni passano da pochi tratti fino a invadere una buona parte del corpo…
… per arrivare a delle forme decisamente più scure, in cui il verde sparisce completamente e dominano il giallo e il nero, che si possono confondere con le larve L4 (non metto qui la foto per non creare confusione, la potete aprire con il link che precede) di Hyles livornica.
Nella foto che segue, una larva L4 in muta verso L5.
In questa immagine sono particolarmente evidenti sia la capsula cefalica della quarta età, all’estrema sinistra, tondeggiante e rugosa essendo ricoperta di tubercolini bianchi e con una evidente banda nera verticale, capsula che cadrà a terra all’atto della muta vera e propria, e la nuova capsula cefalica L5, molto più grande e subito dietro la prima e con la banda gialla verticale, che la sostituirà.
Le dimensioni della nuova capsula cefalica fanno indovinare le dimensioni che la larva assumerà alla fine della quinta età, che possono arrivare a undici cm, mentre la larva appena nata misura appena 4 mm.
Da notare: in tutte queste foto di larve alla quarta età, il cornetto caudale è sempre dritto.
Larva L5
Anche la larva L5 è variabilissima in quanto a colore: le foto che seguono vanno dalle forme verdi più chiare delle prime due foto a quelle nere, bianche e rosso mattone delle ultime tre foto. Ma il carattere che consente di riconoscere a colpo d’occhio una larva L5 è la forma del cornetto, che non è più dritto ma si incurva verso il basso.
Jean Haxaire mostra una sorprendente forma completamente nera del bruco L5 di questa specie, fatta a fine ottobre 2018 a St Privat de Champclos, Francia, da Mickael Arnould. Nella foto in questione la posizione delle tre coppie di zampe toraciche è un po’ innaturale, ed ho incontrato larve di altre specie che, recentemente decedute, assumevano pose e colore simili a questa, ma suppongo che chi l’ha ripresa se ne sarebbe accorto, e quindi prendiamo per buona l’esistenza di una forma cromatica totalmente melanica.
L’attività delle larve di questa specie è prevalentemente notturna: mentre le larve alle prime due età si riparano di solito sulla pagina inferiore delle foglie, alle ultime tre età tendono a passare il giorno nascoste alla base delle piante e risalgono a nutrirsi solo durante la notte.
Alfred St, Cromer, NSW, Australia, 18/11/2024. (foto utente iNaturalist pollinate, license CC BY-NC)
Ostia Antica, Roma, 12/10/2024. (foto utente iNaturalist superthomas, license CC BY-NC)
Arles, Francia, 6/11/2024. (foto utente iNaturalist romainbarthel, license CC BY-NC)
Villasabariego, León, Spagna, 4/10/2024. (foto utente iNaturalist pcasares, license CC BY-NC)
Taichung, Taiwan, 8/11/2024. (foto utente iNaturalist coltoneighbor, license CC BY-NC)
Cinto Euganeo, Padova, 5/11/2024. (foto utente iNaturalist selenaeuganea, license CC BY-NC)
La capsula cefalica all’ultima età è liscia e non più rugosa a causa dei tubercolini regolari che la ricoprivano alla penultima (L4).
La sua colorazione, anch’essa molto variabile dal verde chiaro al rosa al rosso mattone, presenta sempre, su ogni lato del capo, due bande più scure verticali (nell’ultima foto praticamente nere) che corrono ai due lati di una banda del colore di fondo o ancora più chiara (nella foto, arancione).
Quando la larva L5 ha raggiunto il massimo delle sue dimensioni deve trovare un posto sotto terra di suo gradimento per impuparsi, e in questa fase, che può durare anche qualche ora, troviamo la larva che cammina molto velocemente a terra, attraversando anche posti con poca copertura vegetale e perfino strade asfaltate, ed è in questa fase che è più facile incontrarle, soprattutto in autunno dato che l’ultima generazione è sempre la più numerosa.
Pupa
Come si diceva più sopra, la larva si impupa sempre a terra e quasi sempre sotto terra, e di solito ad una discreta profondità, di almeno una decina di cm: può utilizzare gallerie già scavate per interrarsi, ma rifinisce sempre il lavoro filando una camera pupale con la sua seta, per evitare che la terra collassi quando è già pupa, la qual cosa comporterebbe una quasi certa malformazione dell’adulto, spesso a carico della spiritromba come vedremo tra poco, che comprometterebbe la sua vita da adulto e il suo successo riproduttivo.
Le foto che seguono mostrano le pupa estratta delicatamente dalla celletta pupale creata in cattività: per non rischiare tragedie, la terra è stata sostituita da trucioli abbastanza piccoli di carta, che la larva apprezza comunque e, essendo molto leggeri, non vanno soggetti a crolli pericolosi.
Il carattere più vistoso e originale di questa specie è l’astuccio libero della spiritromba, che si incurva verso la parte posteriore e poi fa una seconda curva ancora più stretta riavvicinandosi al corpo e ripiegandosi in avanti, fino a terminare allargandosi leggermente in una estremità bulbosa.
Anche in questa specie, come abbiamo già visto per Macroglossum stellatarum e per altre specie, è possibile prevedere già dalla pupa il sesso dell’adulto che sfarfallerà: si rimanda a questo collegamento per i dettagli, nelle due foto che seguono l’estremità addominale di una pupa maschile e una pupa femminile, viste dal lato ventrale.
Le due pupe in visione dorsale delle due foto successive mostrano una caratteristica comune con molte altre specie: più ci si avvicina al momento della schiusa, in cui l’adulto sfarfallerà, più la pupa si scurisce e mostra in trasparenza dei dettagli dell’adulto che ne uscirà a breve.
È soprattutto la vista latero-ventrale che mostra dettagli interessanti: attraverso gli astucci alari si intravede il pattern della pagina superiore delle ali anteriori, che in questo caso però sono grigie e assai uniformi e non si apprezzano con chiarezza i dettagli.
Ma è l’astuccio della spiritromba che ci sorprende: in trasparenza si nota la spiritromba al suo interno, già formata, che, partendo dal capo, segue le due curve e, passando accanto al lato dell’astuccio più vicino al corpo, fa una terza curva all’estremità dell’astuccio per ripiegarsi in avanti un’altra volta. Ecco a cosa serve il fatto che l’estremità dell’astuccio si allarghi alla fine: a non rendere troppo stretta quest’ultima curva e a far sì che, durante lo sfarfallamento, la spiritromba possa essere estratta semplicemente tirando senza che si creino pieghe troppo acute che ne comprometterebbero la funzionalità.
Quando l’adulto esce dalla pupa, infatti, tira con delicatezza la spiritromba, poco alla volta, consentendole di sfilarsi pur mantenendo le sue curve sufficientemente larghe all’interno dell’astuccio. Se l’astuccio della spiritromba risulta malformato, con delle pieghe o dei tratti schiacciati, è facile che l’adulto non riesca ad estrarre la spiritromba se non danneggiandola, compromettendo quindi la possibilità di alimentarsi.
La spiritromba di questa specie è lunga oltre il doppio della lunghezza del corpo della sfinge (211% secondo la tavola 3 di Reinwald et alli, 2022) e viene utilizzata con estrema destrezza e precisione per consentire l’alimentazione in volo, senza contatto con il fiore se non con la spiritromba, raggiungendo il calice di fiori anche molto profondi o dotati di sperone nettarifero.
Le foto che seguono mostrano l’alimentazione in volo stazionario, tipico di molte sfingi e anche di questa specie, e la lunghezza della spiritromba, una parte non trascurabile della quale è inserita nel calice del fiore; le prime due sono acquisizioni di vecchie diapositive del giugno 1995, scattate a Loutsa (Parga), sulla costa greca dell’Epiro.
Bonneval-sur-Arc, Francia, 18/8/2012. (foto utente iNaturalist jltasset, license CC BY-NC)
Adulto
Un po’ di foto di adulti per familiarizzarci con la loro morfologia e con il pattern alare e per distinguere i due sessi.
Le foto di maschi precedono, le foto delle femmine seguono, come si legge chiaramente nelle didascalie. Il pattern alare è praticamente lo stesso tra maschi e femmine, ma nei maschi è molto più contrastato mentre le ali delle femmine appaiono, alla prima occhiata, molto più grigio uniforme.
In particolare, l’area scura al centro dell’ala anteriore dei maschi, in alcuni individui molto più scura del colore di fondo dell’ala tanto da sembrare quasi nera, nelle femmine è appena più scura, e alcune femmine un po’ logore danno l’impressione di essere pressoché uniformi.
Le antenne invece sono un carattere che permette di distinguere i due sessi a colpo d’occhio: non solo le antenne dei maschi sono più lunghe ma anche più spesse e raggiungono, se tenute parallele al margine alare, praticamente la metà dell’ala, mentre quelle delle femmine non arrivano neanche ad un terzo.
Due primi piani delle antenne dei maschi, viste dal basso: la loro struttura è molto complessa, è come se la pettinatura delle antenne di altri gruppi di falene qui, e in altre sfingi, si sviluppasse in parte all’interno dell’antenna, in un “canale” aperto verso il basso visibile dal di sotto.
Ma sarà meglio parlarne in un articolo a parte.
E adesso scateniamo la nostra pareidolia, cioè il vedere quello che non c’è: tre sfingi a confronto, la prima è la nostra protagonista, la sfinge del convolvolo, la seconda è l’esempio più famoso e citato, la sfinge testa di morto, la terza la sfinge dell’oleandro.
Non credo ci siano particolari pressioni evolutive che possano spiegare perché queste tre specie, e si potrebbero fare diversi altri esempi, hanno sviluppato un disegno toracico che ci ricorda una faccia o un teschio: ci potrebbe essere lo spavento del predatore, e quindi la mancata predazione, che hanno rinforzato queste figure, ma non mi convince granché. Credo che soprattutto sia il caso, e la simmetria bilaterale, a costruire l’illusione: basta una macchietta da un lato, che per simmetria compare anche dall’altro, a formare i due occhi, a cui aggiungiamo un qualsiasi tratto orizzontale che fa da bocca, et voilà realizzata la faccia, o il teschio.
Specie simili
Nel genere Agrius Hübner, [1819] c’è un’altra specie simile alla nostra sfinge del convolvolo: è Agrius cingulata (Fabricius, 1775). Diffusa soprattutto nelle regioni tropicali e subtropicali del continente americano, migra fino in Canada verso nord e in Patagonia e alle Isole Falkland verso sud. Si è stabilita nell’Isola di Ascensione, a 1500 km dalla costa africana, e nelle Isole del Capo Verde, al largo del Senegal.
Nel settembre 2002 un singolo maschio è stato attratto dalla luce nel sud del Portogallo (Serpa, Baixo Alentejo), e questa è la prima osservazione documentata per il continente europeo. Data la somiglianza con Agrius convolvuli, è possibile che altre visite sul nostro continente siano passate inosservate.
Agrius convolvuli
Agrius cingulata
Agrius cingulata, a parte la distribuzione praticamente disgiunta, si distingue:
- per la presenza del colore rosa intenso anche alla base delle ali posteriori, come si vede nella terza foto, mentre la nostra sfinge del convolvolo ha le ali posteriori completamente grigie;
- per la presenza di macchie e aree bianche sulla ali anteriori che, ad ali chiuse, si allineano a formare una sorta di banda bianca rettilinea e interrotta, come è visibile nella prima delle tre foto.
Links
Qualche sito in rete con informazioni e foto su questa specie:
-
- Les Sphingidae de France (Jean Haxaire)
- Sphingidae of the Western Palaearctic (Tony Pittaway)
- Lepiforum e.V.
- Les Carnets du Lépidoptériste Français (Philippe Mothiron & Claire Hoddé)
- Les Pages Entomologiques d’André Lequet
- Butterfly Conservation (Bob Eade)